Napoli

24 ottobre 2014 § Lascia un commento

NICK MASON

 

Nicola Masuottolo URBS SANGUINIUM 2011 Olio su Tela

de Ignoranza

8 agosto 2014 § 1 Commento

Che l’Italia fosse ormai un paese distopico lo si era capito da tempo.
Non farò l’ennesimo elenco delle lamentele e delle storture di un paese meraviglioso ridotto allo sfascio.
Eppure a noi 50enni avevano insegnato che sgobbare sui libri, specializzarsi e credere nel proprio impegno sarebbe bastato per avere una vita soddisfacente al riparo dalla precarietà e dal disagio; che con la competenza e l’esperienza avremo avuto una visione della vita coerente e avremo potuto tramandarla ai nostri figli; che sarebbe bastato seguire la lezione dei Maestri che ci avevano preceduto per fugare i nostri dubbi; che era giusto coltivare le proprie passioni e stimolare le curiosità favorendo la nascita di una coscienza critica e del libero pensiero. Poi chissà come ci siamo ritrovati con le lauree e master in comunicazione ottenuti a carissimo prezzo a friggere patatine nei fast food; in un posto dove qualsiasi ragazzotto uscito da un talent ci spiega come gestire i rapporti di coppia, una giornalista che finge di cucinare in tv all’ora di cena parla delle riforme costituzionali e un astronauta pretende di scegliere la formazione della Nazionale. Siccome non me la sento di annoverarmi tra questi dirò la mia su una cosa sola che credo di conoscere perché ormai pratico da più di quarant’anni, la letteratura. Io leggo. E se un’amica mi chiede di consigliarle un libro mi attengo al “ mi è piaciuto, oppure no”. Ma da quando frequento i social vedo sempre più di frequente spuntare ovunque critici letterari. Sarebbe facile e scontato dire sono tutti scrittori falliti che sublimano le loro frustrazioni sputando veleno su qualsiasi cosa abbia minimamente successo, anche perché spesso hanno ragione: quel che mi lascia perplessa è che credevo che per far critica letteraria bisognasse non dico aver studiato tutto il canone occidentale sul quale si può essere anche in disaccordo, per carità, ma almeno sapere come e soprattutto perché la si scriva. E invece via alle recensioni in 140 caratteri, due righe, una foto, una battuta, un haiku, un’emoticon, intere pagine di livore e di nulla commentate nella migliore delle ipotesi da centinaia di fan ossequianti pronti a sospingere l’ultimo blogger nell’universo dei maître a penser. E siccome non basta ancora ecco le recensioni provocatorie: leggo su Facebook un signore con un nick accattivante che in tre frasi liquida Proust, Eco e Tolstoj con l’enfasi del ragionier Fantozzi sulla corazzata Potemkin facendo sganasciare decine di fan. Non spetta a me disquisire sulla crisi dell’editoria, ma cercare di arginare il crollo della lettura svilendo la qualità dell’offerta equiparando il contenuto letterario a una crema solare per la quale una mirata campagna di marketing è la soluzione vincente, non aiuta. In un paese dove proprio ieri abbiamo assistito all’indegno spettacolo di questo tipo di disinformazione “ Il Sig. Schettino invitato a tenere una Lectio Magistralis all’Università La Sapienza di Roma sulla gestione del panico” pubblicato sulle principali di testate nazionali, che ha generato per il gaudio degli indignati migliaia di battute rilanciate poi dagli esimi Telegiornali. In un paese in cui una famiglia su cinque non possiede una libreria in casa, una persona su tre compra un libro l’anno, e non sappiamo nemmeno se lo legge, le librerie falliscono, i giornali chiudono, la televisione ha smesso da decenni di fare informazione a vantaggio dell’intrattenimento di bassa lega, i premi letterari sono ostaggio delle case editrici e dei critici prezzolati, ecco in un posto così mi chiedo, come si può fare ancora onestamente cultura? Io una risposta non ce l’ho, io faccio solo la mia brava parte, leggo.

Outing

11 giugno 2014 § Lascia un commento

                          

 

Nella mia modesta carriera di perturbatrice sui social solo due volte sono incappata in spiacevoli problemi ed in entrambe c’era di mezzo l’omosessualità. Tanto per intenderci qua nessuno è omofobo, ma come ebbe a dirmi la mia amica cosmopolita, a Napoli abbiamo una grave carenza di cultura omosessuale. Storicamente veniamo da una tradizione antichissima di integrazione delle identità di genere, senza scomodare la tragedia greca e la nascita del mito, la tolleranza e la molteplicità dei romani, la persistenza dei riti pagani nel sincretismo delle feste paleocristiane e poi cattoliche, l’omosessuale ma soprattutto il transgender, o meglio il femminiello ha sempre avuto un ruolo fondamentale nella cultura, nelle feste e nel cuore dei napoletani. Tanti scrittori ne hanno parlato in maniera egregia, penso a Malaparte, Ruccello, al teatro di Enzo Moscato, e l’ultimo esempio è La Mammana di Antonella Ossorio Einuadi editore http://www.einaudi.it/libri/libro/antonella-ossorio/la-mammana/978880621773, descrivendo la sofferenza e la gioia di una città che con affettuosa ruvidezza ha integrato i propri figli e anche i tanti stranieri che popolano i suoi vicoli di umanità. Quello in cui scarseggiamo ancora, dicevo, è la cultura e con ciò intendo tutto quello che si suole definire etica o se preferite netiquette correlato all’universo lgbt. Perché al sud arriviamo sempre in ritardo e pur ricordando con emozione lo splendido gaypride di qualche anno fa quando una città intera si fermò e scese in strada a festeggiare una sfilata bellissima ricca di gioia e di musica, non c’è niente da fare, qua i froci sono e rimangono froci. Avete voglia di spiegarci che in alcuni settori è ormai affermata la famigerata lobby gay, che ci sono bambini che vivono felicemente con due mamme o due papà, che si deve scrivere sui moduli genitore1 e genitore2: per noi l’omosessuale è sempre il cugino Gaetano ’o ricchione che bazzicava all’oratorio, la ormai vecchia Annarella ’a masculona che da piccole la mamma non ci mandava a giocare perché è meglio di no, Robertino l’avvocato che con tanto di moglie e figli ha consumato una vita al bar del circolo dei cannottieri, Veronica ‘a bambola che faceva girare la testa a tutto il quartiere. Voi direte e che c’entra con i tuoi problemi sui social?

C’entra e mo mi spiego: noi siamo un po scorretti si è capito, però mai omofobi e fondamentalmente di buon cuore. Prima o poi impareremo o forse no, del resto l’anarchia e la confusione napoletana è quello che ci rende unici al mondo, ma quando interagisci con degli sconosciuti, nello specifico su Twitter, e fai una battuta sicuramente bizzarra ipotizzando che il suo cane nella foto vestito come un pagliaccio, cosa già di per se mortificante per la suddetta bestia, ha l’aspetto vagamente come dire eccentrico, fru fru è il termine che usai, e vieni ricoperta da una valanga di insulti, tacciata di omofobia e superficialità e immediatamente bloccata ti poni il problema che forse il padrone del cagnolino di dichiarata civilissima origine nordica qualche problema ce l’abbia lui. Perché hanno voglia di retwettare di gaypride e famiglie arcobaleno, di firmare per i diritti delle coppie lgtb, si indignarsi per i pestaggi e i suicidi, ma se vagamente si sentono sfiorati all’idea che davanti al pubblico delle proprie follower si stia larvatamente insinuando, seppur con una battuta ironica, che non lui ma il proprio cane, possa aver minimamente qualcosa a che fare con l’omosessualità, ecco che all’improvviso viene fuori il maschilista, il reazionario, l’omofobo. E qui la trovo conferma di quello che ho sempre pensato: che qualcuno possa essere infastidito nel vedere due ragazze che si scambiano tenerezze in pubblico io lo capisco; la sensibilità delle persone è, mo ci vuole, un fatto culturale. Bisogna essere educati alla molteplicità e se non si comincia dalla scuola ad abituare i bambini al rispetto di tutte le sfumature non avremo mai degli adulti maturi. Ma l’omofobo è quello che si indigna perché prova terrore nel pensare se stesso “diverso” da quello che gli hanno insegnato sia “normale”. Perdonatemi i termini orrendi ma purtroppo in Italia l’educazione sessuale laddove si è insegnata era fatta così. E allora cari froci e lesbiche, dateci un po di tempo ancora, sopportate ancora un po la nostra ignoranza, insegnateci a non aver paura di provare desideri che scombussolano e soprattutto venite al sud a godervi la nostra ruvidezza; fatelo per tutti noi e anche per Gaetano, Annarella e Robertino

Recensione di Le Locuste GianAlessio Ridolfi Pacifici

24 aprile 2014 § Lascia un commento

Le Locuste

 

 

 

Ho letto con curiosità Le Locuste di Gianalessio Ridolfi Pacifici, un esperimento di crowdfounding tutto italiano che personalmente mi sembra riuscito. L’autore sembra aver ricevuto in dono una vita e di conseguenza una scrittura serrata che non lascia scampo alle piacevolezze della letturatura d’intrattenimento: scenari apocalittici di un universo post disastro atomico-esistenziale si dipanano in 16 racconti di profondo spessore umano. Del resto si inserisce perfettamente nella deriva catastrofista che sembra aver imboccato la letteratura contemporanea italiana, che senza saper leggere la realtà, vedi Christian Raimo http://t.co/cx1LDfFLM6 ha in autori come Tullio Avoledo con il progetto internazionale Metro 2033 La Crociata dei bambini Multiplayer Edizioni http://www.metro2033universe.it ne prospetta una visonaria ed inquietante.

Difetti? Come in un barbecue ferragostano troppa carne a cuocere sulla griglia della scrittura; ognuno dei sedici racconti, a volte brevi come un guizzo d’intelligenza, potebbere essere tranquilamente il nucleo di un racconto con ben altre potenzialità.

Troppa amarezza ed un ineluttabilità di fondo nascondono una profonda umanità mai sopita: l’autore è sulla buona strada, dei lettori si potrà dire lo stesso?

 

POMPEI 2079

11 marzo 2014 § Lascia un commento

                                                             POMPEI 2079

 

 

 

Ad una settimana dall’apertura epocale di POMPEI 2079 il nostro inviato Genny Vitiello intervista in esclusiva per “ Il Crepuscolo” il progettista americano Eddy McErase

 

Ingegnere siamo onorati di averla oggi ospite del nostro quotidiano, lei che rappresenta la POMPEI 2079 spa che si appresta ad inaugurare la più grande opera ingegneristica applicata al turismo ed ai beni archeologici al mondo. Ci dica cosa si prova ad essere il padre di quest’imponente progetto?

 

EM Veramente io sono solo il realizzatore, per così dire, visto che la mente creativa di POMPEI 2079 fu mio padre Eddy McErase Sr putroppo scomparso in circostanze tragiche alcuni anni or sono…

 

GV Destò molto scalpore infatti la sua tragica fine in seguito ad un indigestione di mitili crudi

 

EM La cosa non andò proprio così, comunque ci servì da lezione insegnandoci a diffidare della scarsa qualità dei prodotti locali e a servirci di eccellenze provenienti da ogni parte del mondo.

 

GV Veniamo all’opera allora: qual’è la sfida più grande che avete dovuto affrontare?

 

EM Beh sicuramente la diffidenza dello Stato Italiano e degli organi amministrativi che dopo decenni di incapacità di gestione incuria e degrado,  pur avendo finalmente messo tutto nelle mani della POMPEI 2079 riluttavano ad accettare la nostra lungimirante progettualità e la nostra risaputa capacità organizzativa.

 

GV Ci può fare qualche esempio?

 

EM Pensi che nel contratto ci hanno costretto ad utilizzare gli archeologi locali che per nulla favorevoli a guadagnare ben 8 euro lordi all’ora, (ci crederebbe lei com’era ridotta l’Italia nel 2050?) hanno impiegato ben 6 mesi solo per decidere come eliminare le muffe dagli affreschi delle ville. Per fortuna scaduti i contratti a progetto siamo subentrati noi con le nostre competenze e in soli 3 anni abbiamo restaurato tutto smontando tutti gli edifici pezzo per pezzo creando al di sotto del livello stradale gli alloggi per i servizi e rimontando il tutto esattamente com’era regalando a POMPEI 2079 quela nuova patina di lucentezza che si potrà apprezzare in tutto il suo splendore.

 

GV I servizi, ecco la vera innovazione: ce li può descrivere?

 

EM Innanzitutto abbiamo lavorato sul territorio sfruttando la zona inutile alle spalle del vulcano di nessuna valenza turistica e di pressocchè nulla risorsa economica visto anche lo scempio perpetrato negli anni che l’aveva ridotta a discarica rendendo il terreno inadatto a colture agricole e dall’ urbanistica devastata da una concentrazione abitativa che nemmeno a Bangalore. Abbiamo spostato i residenti in zone più salubri, gli altipiani calabro-lucani e i pittoreschi masi valtelinesi, e grazie ad una potente opera ingegnieristica si è scelto di traforare il vulcano alloggiandovi all’interno un innovativo impianto di termovalorizzazione dei rifiuti che produce, insieme alla centrale elettrica l’energia neccessaria all’autonomia di POMPEI 2079.

 

GV Cioè ci sta dicendo che avete sventrato il Vesuvio?

 

EM Certo e lo abbiamo anche livellato. Il cono che lei vede dietro le mie spalle è solo un immagine ologrammatica. In realtà abbiamo abbassato il livello della bocca di un centinaio di metri per permettere la costruzione di una pista per l’atterraggio dei nostri nuovissimi airbus a decollo verticale che ogni giorni porteranno comodamente, tramite una moderna monorotaia, i nostri ospiti direttamente negli scavi.

 

GV Impressionante. Ma veniamo alla proposta turistica vera e propria

 

EM Un biglietto unico di 120 euro darà ai visitatori, non più di 25000 al giorno, la possibiltà di un offerta culturale impareggiabile. Oltre al percorso archeologico classico fruibile con trenini pneumatici, i nostri ospiti potranno godere del pacchetto Deluxe Man per calarsi in una piena avventura nel Lupanare affidati alle sapienti cure delle nostre professioniste provenienti dalle antiche colonie Dacie e Numidie, come vede ce ne sono per tutti i gusti, di quello Deluxe Woman fra impluvium calidarium e frigidarium, bagni nel latte delle asine del Kentucky, direttamente alimentati dalla geotermia del vulcano solleticate dai nostri massaggiatori orientali. Per i più giovani la rock band PEPLUM si esibirà h24 sul palco del teatro grande opportunamente rimordernato mentre nell’arena combattimenti di gladiatori allieteranno gli spiriti più arditi. E inutile dire che nessun animale vivo sarà utilizzato nei nostri spettacoli dato che i nostri figuranti tutti entusiasti e tutti con regolare permesso di soggiorno lotteranno tra loro all’ultimo sangue. Orti e giardini daranno vita ad un percorso interattivo virtuale di botanica per riscoprire la flora originaria mentre laboratori didattici terranno occupati i più piccoli su megaschermi con la nostra programmazione escusiva di MAGNA PORCA e la piramide di Cheope. Ogni giorno alle 12.45 andrà in scena l’ERUZIONE con annesso terremoto, ecco a cosa è servito sollevare il pavimento stradale a posizionare sotto gli edifici meccanismi di scuotimento, e oscuramento dei cieli grazie ai cannoni di nitrati che perforeranno le nubi artificiali. Ci tengo a citarle inoltre le crocifissioni cristiane che 12 volte al giorno, insieme alle lapidazioni giudaiche e alle decapitazioni arabe, rappresentaranno la vocazione prevalentemente spirituale della nostra impresa Ad ogni angolo di strada i nostri chioschi-ristoranti, ne sono previsti più di 80, serviranno il meglio del cibo preparato secondo l’antico ricettario di Apicio. Ostriche vietnamite, calamari di Humboldt, frutta secca californiana tutto freschissimo e sapientemente cucinato dai nostri chef boliviani accompagnato dal Garum ricreato grazie ad un nostro ingrediente segreto… Ma non sveliamo troppo.

 

GV Si forse può bastare. Un ultima domanda Ingegnere: a fronte di questo progetto titanico qual’è quella che si può definire se non una sconfitta il vostro maggior rimpianto?

 

EM Per quanto POMPEI2079 ha raggiunto a prezzo di enormi sforzi la piena autonomia non riusciamo a liberarci dalla prossimità di questo infima periferia: Napoli con i loro abitanti naif sempre pronti a gioire per qualsiasi idiozia; una giornata di sole, un gol della loro misera squadretta di calcio, una voragine che vomita acqua sulfurea, tre numeri a lotto. Vuole sapere cosa ne penso?Non impareranno mai.

6 febbraio 2014 § Lascia un commento

                                        LETTERE AL DIRETTORE

 

 

Princi: “Devo assumere 45 cuochi o camerieri e ho trovato solo 5 curriculum adatti”

di Rita Querzè “Ho bisogno di assumere 45 persone. Entro 20 giorni apro il mio nuovo locale a Milano. Da quando ho iniziato le selezioni, a marzo 2013, è passato quasi un anno e ho trovato solo cinque curriculum adatti! Comincio a preoccuparmi. Cerco giovani con passione e voglia di fare. Cuochi,..

 

 

Caro Direttore mi rivolgo a lei che redige questo interessante blog che seguo sempre con molta attenzione per segnalarle questa piccola ma spiacevole vicenda che mi ha toccato molto da vicino. Ieri su facebook più di una persona, credendo di farmi cosa utile, ha ripostato il link e la foto di questo articolo che è apparso sulla mia bacheca così come vede. Seguendo il link http://www.corriere.it/2014/02/03/ma-perche-per-i-ragazzi-italiani-fare-il-cameriere-e-un-ripiego/ si apriva la pagina de “Il Corriere della Sera” in cui si diceva che l’articolo non era disponibile.

Deve sapere che io ho una persona a me molto cara che si trova a Milano da quasi un anno in cerca di lavoro nel settore della ristorazione avendone, pur essendo molto giovane, le professionalità e le qualifiche. Non sto qui a raccontarle le difficoltà che ha incontrato fino ad oggi nella ricerca del lavoro, le dico solo che con tutta la sua buona volontà riesce a malapena a mantenersi tra sostituzioni e precariato estremo, tre giorni, una settimana; appartamenti se possibile ancora più precari, ne ha gia cambiato tre, e depressione incipiente. Appena ricevuta questa segnalazione mi sono affrettata a ripostare l’informazione esortandola a contattare l’indirizzo email del datore di lavoro; ma lei pur avendo già mandato il suo curriculum a questo indirizzo almeno due volte negli ultimi mesi ha deciso di recarvisi personalmente lo stesso giorno. Le è stato risposto che queste informazioni non erano assolutamente vere in quanto la loro ricerca di personale si limitava esclusivamente alla posizione di Banconisti e comunque si trattava di poche unità. Unitamente al dispiacere è sorto in me un certo sconcerto che ha indotto a pormi alcune domande alle quali spero che lei, Sig. Direttore, possa aiutarmi a dare risposta.

Fatto salvo che l’azienda in questione abbià esposto con sincerità la propria posizione, non pensa che l’articolo possa essere di una precisa volontà di manipolazione dell’opinione pubblica? Cito: in un anno ho trovato solo cinque curriculum adatti, cerco giovani con passione e voglia di fare. Cuochi, camerieri…Comincio a preoccuparmi…”

E allora cominciano a riecheggiare voci di qualche tempo fa: “…Siamo costretti ad assumere solo extracomunitari, lavorano sodo, gli italiani non hanno voglia di lavorare….” che poi per logica conseguenza “…la crisi non esiste, c’è la fila fuori ai ristoranti…” e anche “…la crisi è un fattore di percezione, non sottovalutate la dimensione psicologica che vi induce a vedere tutto con la lente del pessimismo…”.

O peggio, c’è da pensare che si cerchi di invogliare sempre più giovani ad intraprendere, peraltro a costi davvero molto onerosi, corsi di chef e pasticcieri cavalcando la moda e a quanto pare anche il business che gira intorno a questo settore senza poi, le parlo per esperienza personale, offrire reali posti di lavoro che non siano i famosi stage non retribuiti che nelle cucine stellate dei ristoranti italiani rivestono un importanza rilevantissima per il riperimento e il ricambio del personale. Che una testata nazionale come “Il Corriere” poi favorisca la divulgazione di queste false notizie le sembra proprio un caso data l’atmosfera politica e sociale che stiamo vivendo in questi giorni? Va tutto ben Madama la Marchesa?

La ringrazio per il suo cortese interessamento e spero di ricevere una sua risposta.

 

 

Un affezionato lettore di Mentecritica

5 febbraio 2014 § Lascia un commento

                                                          KIEV-NAPOLI

                                                                 a/r

 

 

 

Stamattina è venuta così: Hanna sorseggia il suo caffè raccontandomi del suo matrimonio di cui ha appena postato le foto su Facebook, del suo vestito davvero bello comprato a Kiev a soli 300 euro, qua ne avrei speso 3000 ci pensi?, della giornata di diluvio che hanno beccato travolti dai liquami delle fogne che le impedivano di uscire di casa, e delle lacrime della mamma. Che finalmente tornerà per 15 giorni a casa a marzo, che ha trovato 2 biglietti a 150 euro a/r Roma Kiev, che deve portare le foto e le bomboniere ai parenti che ci tengono. Ma Hanna spiegami un po sta cosa, che sta succedendo davvero in Ucraina?

E allora si scatena un fiume in piena.” L’errore è stato fatto nel ’91 da Gorbaciov, noi stavamo bene, mi dice mentre rassetta il divano. Tu pensa che Il nonno è morto alcolizzato a 56 anni e mio padre abbandonò mia madre incinta il giorno del matrimonio e fu cacciato dall’esercito e così 30 anni fa mia madre se ne andò in Siberia (!) con me che avevo 9 mesi e la nonna che già era in pensione, e in 3 giorni trovò il lavoro, radarista dell’esercito, e la casa e la siamo rimaste per 5 anni per poi tornare in Ucraina. Io a Sumy ho studiato e mi sono laureata; poi nel ’93 dopo la dismissione dell’arsenale militare mamma trovandosi senza lavoro ha deciso di venire in Italia e dopo qualche anno l’ho raggiunta; qui ho conosciuto Antonio e insieme abbiamo gestito un ristorante per 8 anni. Poi a causa delle tasse l’abbiamo dovuto lasciare ma ora per fortuna lui ha trovato lavoro nell’Asl e io mi arrangio a fare i servizi e ci siamo potuti sposare. Io non sono d’accordo con l’opposizione perchè sono solo quattro venduti appoggiati dall’America; quello che ci fanno vedere in tv e su internet non è vero. La polizia in Ucraina non ha nemmeno i propiettili, usa solo le pallotole di gomma; è vero il presidente non è una brava persona però l’Europa ci impone un accordo totalmente sfavorevole. Per la paura di un emigrazione di massa non ci concede una reale apertura della frontiere come per voi; ci toccherebbe comunque la richiesta al consolato di un visto per l’espatrio. Inoltre ci impedirebbe l’autosufficienza alimentare imponendoci, con tutta la terra fertile che abbiamo, di acquistare grano e latte dagli altri stati.

Nel 1945 i nostri nonni sono morti per sconfiggere i nazisti e per liberare voi e tutta l’Europa. Ora noi combattiamo sulle loro ossa per rispettare la loro memoria e il loro volere. La libertà di pensiero e di parola dici? Io non so che farmene: a noi basta la nostra terra, la casa e un lavoro. A noi non serve tutta questa ricchezza. Il problema sono gli Ucraini dell’ovest, quelli che abitano ai confini della Germania, che vanno avanti ed indietro e che si sono comprati mezzo paese con l’euro. Io nella democrazia non ci credo. E un invezione occidentale.”

Avrà pure ragione ma rimane il fatto che mentre io scrivo questa storia lei continua a spolverare la libreria.  

17 gennaio 2014 § Lascia un commento

                                                               De Antiproibizionismo

 

Si sa, in Italia basta far passare quarantott’ore e i polveroni mediatici sollevati ad arte si dissolvono; e così un tweet sbadato di un ignaro leghista è diventato per tre giorni oggetto di discussioni infinite che hanno lacerato maggioranze e opposizioni, laici e credenti, bigotti e liberisti, cannaioli e appunto proibizionisti. Nel furore mediatico si sono potute salvare serissime statistiche sul fallimento del proibizionismo, sull’evidente vantaggio economico e sociale della liberizzazione delle droghe leggere con conseguenti ricadute sul PIL, un concreto aiuto nella soluzione al problema del sovraffollamento delle carceri, nello snellimento dei processi e quindi un alleggerimento dei tempi antelucani della giustizia, nel contrasto alle organizzazioni malavitose che proliferano con l’importazione e lo spaccio di stupefacenti sul territorio. Ma a quanto pare la ragione non basta e tutta la discussione non è stata altro che un ignobile pretesto per ricattare gli avversari politici. E allora mi sono chiesta: ma perchè una scelta che porterebbe così evidenti vantaggi non trova una seria discussione nelle sedi appropriate, cioè non nel circo mediatico ma in parlamento, è possibile che chi contrasta la proposta di legalizzazione lo faccia solo per motivi etici, è normale che quattro bigotti ignoranti possano limitare la crescita e lo sviluppo o almeno la normalizzazione di un paese civile? Nel nostro paese c’è la sana abitudine di coalizzarsi per intraprendere battaglie non in nome di un ideale ma sempre contro qualcuno o qualcosa: contro la droga, la mafia, la pedofilia, il femminicidio, l’inquinamento, i terroni, la juventus… Ciò presuppone che a queste campagne di protesta di volta in volta non partecipino tossici, mafiosi, pedofili, maschi violenti ecc. Ora i consumatori di stupefacenti non appartengono ad una categoria ben definita ma sono piuttosto trasversali e per ovvi motivi non ne dichiarano apertamente l’appartenenza ma, almeno alcuni di loro, tendono a nascondersi piuttosto che coalizzarsi per reclamare la propria libertà di acquisto e consumo. Ma mentre ci sembra impensabile, ad esempio, che un gay o una lesbica che per motivi personali ancora non abbia deciso di fare outing possa discriminare nell’ambiente di lavoro una persona per il proprio orientamento sessuale, assistiamo a manifestazioni di ipocrisia quando si discute di droghe leggere.

Certo nel novero ritroviamo il ragazzino di V ginnasio che fuma nel bagno della scuola, l’universitario fuori sede che condivide il posto letto in camere asfissiate, il professionista che tornato a casa si concede una canna per rilassarsi, l’ex figlio dei fiori sessantenne che fuma e quasi sempre coltiva autonomamente la sua piantina d’ erba, l’autista alienato dell’autobus che ci trasporta la mattina al lavoro ma non tutti, ognuno per i propri motivi o le proprie convenienze, manifesterebbero a favore della legalizzazione e soprattutto non li vedremo mai in piazza tutti insieme mentre ci si aspetterebbe da una così ampia platea di fruitori una voce di sostegno forte e consapevole. Quando poi si discute di legalizzare e regolamentare la prostituzione ci si scontra contro un muro di omertà pur sapendo che le stesse prostitute sarebbero largamente favorevoli ad organizzarsi in una categoria ben definita e soprattutto tutelata, l’opposizione arriva proprio dalla maggior parte dei fruitori, maschi adulti ed economicamente autonomi che preferiscono continuare a sfruttare le donne preservando l’anonimato; o la piaga dell’alcolismo che dati alla mano provoca molti più danni immediati e prolungati nel tempo della cannabis ma viene ancora considerato alla stregua di una virile abitudine socializzante; o il gioco d’azzardo, più o meno legale che rovina intere famiglie nell’indifferenza o peggio nella compiacenza di uno stato e dei pochi che se ne arricchiscono; o la lobby dei produttori di armi che sta prendendo piede anche da noi con il nemmeno tanto larvato intento, nemmeno fossimo nel Mid West, di far prevalere la tesi che sia normale farsi giustizia da soli. A questo proposito allora mi ritorna in mente il bellissimo rap di Frankie HI-NRG ” Quelli che ben pensano” che fotografa perfettamente la situazione a cui assistiamo oggi in Italia. Se oggi ci tocca rimettere in discussione i diritti conquistati a prezzo di lotte durissime nel corso della nostra storia democratica è anche perchè sfiduciati dalla politica non abbiamo più la forza di unire le nostre voci; se non riusciamo a reclamare provvedimenti volti al progresso e alla giustizia sociale è perchè in fondo in fondo ci fa più comodo schierarci tra i benpensanti senza correre il rischio di essere schedati sperando che la mala sorte di essere beccati con dieci grammi di fumo o a rimorchiare una prostituta capiti a qualcun’ altro pronti immediatamente a commentare: chi l’avrebbe mai detto, sembrava una brava persona, salutava sempre… 

paesologia umana

12 gennaio 2014 § 4 commenti

Paesologia umana

 

 

 

Appena entro noto con soddisfazione che sono l’unica donna nel locale; penso che ciò mi garantirà un bagno immacolato. Per il resto la decina di tavoli sono tutti più o meno occupati da gente impegnata a mangiare di gusto. La trattoria è di quelle per camionisti ma di camion fuori nemmeno l’ombra dato che il parcheggio che pure accoglie una ventina d’auto è troppo angusto per le manovre dei bestioni della strada; di recente però deve essere stata rimodernata perchè sfoggia una freschezza e un design decisamente gradevole, quel tanto minimal che non guasta e una parete intera di lavagna su cui spiccano a gessetti colorati i piatti del giorno e incomprensibimente una citazione di Gandhi. Due menù ad un prezzo fisso ridicolosamente basso in cambio di un cibo sano ben cucinato e il servizio essenziale e rapido fanno di questo un posto ideale per gente che fatica. No non scrivo per Trip Advisor tranquilli. Dato che non sono sola, è chiaro che diavolo ci farei in una trattoria ad Avellino in un mercoledi di Gennaio, ma con il mio compagno, che come è consuetudine nelle coppie rodate basta un sguardo ogni tanto, un commento, un gesto d’intesa per farsi buona compagnia, allora sbircio in giro tra i tavoli un mondo maschile come maschio è il proprietario che serve anche in tavola. Gli operai già hanno pranzato, li abbiamo incontrato fuori che fumavano prima di risalire sul furgone: in sala ora ci sono un paio di rappresentanti che tirato fuori il pc stanno programmando il giro pomeridiano; fateci caso i rappresentanti di solito lavorano da soli ma quando sono in coppia non si può sbagliare: il titolare, quello un po più anziano, sbracato in maniche di camicia pranza e chiacchiera animatamente mentre il giovane impeccabilmente imbarazzato smanetta ansioso tra smartphon e pc.

A fianco tre amici sembrano concentrarsi sui piatti ma poi tra un bicchiere e l’altro si intuisce che sono degli imprenditori, piccole aziende, qualche laboratorio, e si raccontano di tasse e dipendenti che non se ne può più e mi sembra di capire che parlino di un certo Giovanni che quando 6 mesi fa ha mollato tutto e se n’è andato a Capo Verde ha fatto na cosa grande ma poi arriva il secondo e si rimettono a mangiare. Di fronte a noi due ragazzi si sono appena seduti; sono quasi coetanei ma chiaramente in giacca e cravatta l’ingegnere sembra più adulto del tecnico che si toglie con difficoltà il giaccone con il logo della ditta. Ricordo di aver visto qualche chilometro prima un cantiere autostradale e l’accento lombardo mi incuriosisce: li sento chiedersi come sarebbe restare fuori casa per lavoro per 8 mesi e poi guardo le mani dell’ingegnere. Magre bianche e decisamente pelose, porta la fede e io immagino una villetta in Brianza col cortile lastricato in porfido e un cane nervoso ed elegante che spunta dalla cuccia sotto il patio quando si apre il cancello che lascia entrare un piccolo suv con lei decisamente bionda al volante. Sul seggiolino posteriore di bionda c’è ne un altra infagottata nel suo giaccone piccino a abbracciata alla sua Peppa Pig Lei non chiama quasi mai a meno che non si guasti il riscaldamento o il telecomando del garage non faccia i capricci. Lui la contatta la sera sempre se non si fa troppo tardi ed allora è inutike accedere su Skipe, lo sai che a quest’ora la piccola è già a letto, ma diamine sono solo le 19.30 sono tornato adesso dal cantiere nemmeno la doccia. L’altro sembra pensare ” col cazzo otto mesi” chissà se il mio vecchio ci campa ancora otto mesi con tutto quello che ci costa quella stronza di moldava, schiattato in quel fetentissimo deserto a posare tubi e cavi e guaine e poi alla Monica chi glielo dice che già vaneggia di tappezzerie e bomboniere. Il padrone ci tenta con una fetta di dolce ma tre giorni dopo la befana la pastiera è una causa persa. Mentre risaliamo in auto sento qualcuno commentare “…coppia clandestina? Ma no, non lo vedi che quasi non si parlavano più, povera crista lei sai che noia….”.

Regalo di Natale

17 dicembre 2013 § Lascia un commento

Regalo di Natale

 

 

 

 

Sarà anche perchè è Natale ma ormai su tutti i social network arrivano solo richieste di gente che vuole rifilarti qualcosa: il proprio libro, il suo ultimo cd, l’ ebook appena autopubblicato, una marea di bijoux, cappelli di lana cotta, addobbi natalizii in materiale riciclato, cibi, idraulici elettricisti e servizi vari, passaggi in macchina, fidanzati, canilli sperduti, sensi di colpa, alibi e moventi. Fatta salva la sanissima creatività che ammiro moltissimo e che auspico come terapia personale e il riciclo che ci potrebbe salvare dall’accumulo imperversante, esclusa la solidarietà di cui tutti, animali e sopavvissuti, abbiamo o potremmo aver bisogno provo un profonda tristezza rispetto a tutto ciò. Mentre negli anni passati imperversavano proposte esotiche per le spese natalizie, commerci equosoldali, cartoline dipinte dai bimbi ciechi del Burundi, cioccolate boliviane, tessuti tamil, lane di pecore andine adesso non ci provano nemmeno più: la vera alternativa è comprare struffoli dalla casalinga di Giugliano col marito a cassa integrazione. Se proprio devi o te lo puoi permettere sarebbe pure giusto, ma mi chiedo: non è che è sbagliato proprio il concetto del regalo?

E vero, io il Natale non lo festeggio ma non basterebbe per dimostrare affetto o gratitudine preparare un dolce, invitare un amico a cena, donare il proprio tempo a chi ami, scrivere una lettera, fare una telefonata? Dobbiamo per forza scervellarci, comprare qualcosa, dimostrare originalità e soprattutto piazzarla sul web? Diciamoci la verità, tiriamo a sorte le bollette da pagare, le tasse e le multe non ci toccano nemmeno più, il bollo auto è un vago ricordo, 3 italiani su 10 non pagano l’RC auto, l’abbiamo le case ipotecate, comiciamo a venderci auto, terrazzi e garage usciamo a piedi finchè è possibile e i nostri figli dopo l’orgia salutistica del decennio scorso cresceranno con i denti storti. E non dite beati voi che avete qualcosa da vendere, perchè si capisce che la voragine della crisi non tocca chi non ha mai avuto niente e tira a campare, a questi cosa gli cambia, ma chi si è illuso che il tenore di vita che ci hanno imposto sarebbe durato per sempre, e quindi tutti giù a procreare, stipulare mutui, sottoscrivere contratti, abbonamenti, pay tv, rate per auto, trattamenti estetici e vacanze. Intanto si continuano a produrre beni e servizi superflui e chi può si arrangia tirando fuori i merletti della nonna. E mo a chi li vendiamo tutti sti parti di menti creative? Continuiamo a proporci tra noi la solita paccottiglia della disperazione che ormai somiglia sempre più ai mercati dell’usato dei Rom.

E poi ci sono le strenne morali; sms solidali, adozioni a distanza, collette aziendali, iscrizioni a movimenti e partiti, devoluzioni etiche, battaglie -iste a più non posso. Che ti costa in fondo solidarizzare col magistrato, la giornalista, il carcerato, il prete di frontiera o la foca artica? Nessuno può dirsi esente, laici e fideisti, tifosi e partigiani, ti viene chiesto di donare partecipare cliccare su qualsiasi cosa. Non so a voi, ma a me non mi risollevano il morale per niente: la mia coscienza non ne esce più pulita. Quasiasi festività vi prepariate a trascorrere riflettete solo un momento: nulla di ciò che possedete o potete procurarvi potrà mai cambiare la vita a qualcuno, forse possiamo donare solo ciò che siamo. O quel che ne rimane. Buone feste. 

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